Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

SANITA’ IN ROSSO E IN NERO

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 Confesso: pur essendo un sostenitore di Obama, ho temuto a lungo che la sua riforma della sanità non riuscisse ad andare in porto. Negli ultimi mesi, però, si è dedicato anima e corpo esclusivamente a questo scopo, attirandosi anche le critiche di molti commentatori statunitensi.
C’è però un altro aspetto della riforma di Obama che mi ha colpito: è passata esclusivamente con il consenso della sua parte politica: nessun parlamentare repubblicano, dico nessuno, l’ha votata.

Il che è per certi versi semplice da spiegare. I conservatori, o la Destra, scegliete il nome che preferite, vede nella riforma Obama non solo il rischio di un’aumentata pressione fiscale sul proprio elettorato, ma anche un indebito scivolamento verso lo statalismo e l’assistenzialismo.

Si spiega così l’affermazione del deputato repubblicano Blackburn: “Con questa riforma muore un poco la libertà”.

Obama però è andato dritto, e ha ottenuto il traguardo storico della cure mediche garantite anche a coloro che non sono sufficientemente poveri da entrare nel programma ‘Medicaid’, destinato ai “meno abbienti”.

Perché, sotto le elezioni locali, vi parlo di America?

Semplice: di cosa parliamo quando parliamo di bilancio nelle Regioni italiane? Al 75% di sanità.

Negli Usa un autentico sistema sanitario nazionale all’europea è probabilmente un obbiettivo irraggiungibile. Però Obama ha trovato il modo di assistere 16 milioni di individui che prima dovevano in tal senso affidarsi esclusivamente alle proprie risorse economiche. È una vittoria di civiltà, ottenuta contro la potente lobby delle assicurazioni. La riforma di Obama costerà in tutto meno di 1.000 miliardi di dollari in 10 anni, il che equivale a mezzo punto del Pil statunitense.

E noi, in Italia, come siamo messi?

Nel 2009, 13 regioni hanno accumulato in totale 3,4 miliardi di euro in deficit sanitario. Il “buco” nasce quasi tutto al Sud, ma la “maglia nera” spetta al Lazio. Attenzione però: i numeri sono di fatto adulterati dal fatto che i governatori hanno imposto un nuovo metodo di conteggio. Visto che il deficit grava sulle casse di ciascun governatore, le somme quest’anno sono state “tirate” scontando dal totale le cifre provenienti dai bilanci della stessa regione.

In questo modo, sarà possibile continuare ad accedere ai vantaggi del sistema, ossia i finanziamenti del “Fondo Sanitario Nazionale”, senza incorrere nell’obbligo di colmare il deficit. E così aiutando indirettamente la crescita del disavanzo totale.

A ogni modo, quali sono le regioni in attivo? Piemonte ed Emilia Romagna, che però hanno sistemato i propri totali attingendo alle casse locali, mentre Lombardia, Trentino-Alto Adige, Friuli, Toscana, Umbria e Marche. Veneto, Basilicata e Puglia si trovano “sotto” in ragione di un utilizzo troppo “generoso” dei ticket.

Oltre al Sud, fa effetto la performance negativa della Liguria. Anche se, non bastassero le disavventure assortite dell’amministrazione Marrazzo, in Lazio si regista un disavanzo che da solo vale il 38% del totale Italia.

A fronte di ciò, bastano in Lombardia i conti a posto per dire che va tutto bene?

Qui bisognerebbe sentire i cittadini. A cui magari non interessa se Formigoni piazza uomini di sua fiducia ai vertici di ogni ospedale, ma che mugugnano ogni volta che, davanti alla richiesta di una prestazione sanitaria, si tratti di diagnostica o terapia, devono scegliere se aspettare le calende greche con il Servizio Sanitario Nazionale o prendere la scorciatoia del salasso privato.

Chi scrive può inoltre provare che le suddette prestazioni, erogate nella stessa struttura e persino dallo stesso medico, seguono standard qualitativi molto differenti. Recentemente, in un centro analisi tra i più celebrati della nostra città, mi è anche capitato di vedere che i mutuati hanno ingressi, laboratori e spazi dedicati a loro, quasi si trattasse di una ‘Serie B’ della sanità. E questo, agli occhi di chi si deve curare è molto più grave dei conti traballanti del nostro welfare.

In particolare, si potrebbe poi fare molto di più da parte dei soggetti pubblici per quel che riguarda la prevenzione, che continua a essere affidata a protocolli sibillini, quasi si trattasse di club esoterici e non di un’opportunità importante offerta al cittadino di salvaguardare a costo delle strutture pubbliche la sua salute (e, in ultima analisi, evitare che lo stesso diventi una ragione di costo).

Un ultimo aspetto riguarda l’informatizzazione: i Governatori sono bravissimi a parlare di chip digitali, carte dei servizi che divengano una sorta di cartella sanitaria virtuale. Ma la realtà è che il mondo della sanità adopera ancora la matita, e molti processi che sarebbe semplicissimo informatizzare giacciono ancora all’epoca del “Dottor Tersilli”.

Il problema è che le Regioni, la Lombardia in primis, preferiscono andare a braccetto con le eccellenze, che garantiscono ritorni di visibilità enormi, e alimentano i giri d’affari più cospicui.

Dei servizi di base, come sempre, non ci si preoccupa. E gli ospedali così divengono strane creature a macchia di leopardo, dove punte di abilità e di qualità convivono con la decadenza apparentemente irrefrenabile delle strutture.

Così, mentre Obama sancisce un allargamento dei diritti, e lo Stato si prepara a sborsare, da noi si aggrava il buco, e le performance medie del sistema sanitario continuano a peggiorare….

ANDREA DUSIO

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