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La Commissione analizza lo stato della salute nell’UE: In Italia il fabbisogno sanitario insoddisfatto è tra i più alti d’Europa

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(Panorama Sanità) – Sotto la lente della Commissione europea 28 sistemi sanitari. Vytenis Andriukaitis, Commissario per la Salute e la sicurezza alimentare: «Spendere solo il 3% dei nostri bilanci sanitari per la prevenzione, rispetto all’80% per la cura delle malattie, è semplicemente troppo poco».

Solo riprogettando i nostri sistemi sanitari possiamo garantire che restino all’altezza dei loro compiti e forniscano assistenza centrata sul paziente. È questo il suggerimento che scaturisce dai 28 profili dei sistemi sanitari degli Stati membri pubblicati oggi dalla Commissione europea (Il profilo del sistema sanitario dell’Italia) unitamente ad una relazione di accompagnamento.

“Le relazioni” spiega la Commissione Europea “presentano un’analisi approfondita dei sistemi sanitari degli Stati membri dell’UE: esaminano lo stato di salute della popolazione e i fattori di rischio importanti, e allo stesso tempo l’efficacia, l’accessibilità e la resilienza dei sistemi sanitari in ogni Stato membro.

Le relazioni rispecchiano con chiarezza gli obiettivi condivisi di tutti gli Stati membri e rivelano gli ambiti potenziali in cui la Commissione può stimolare l’apprendimento reciproco e lo scambio di buone pratiche”. «Spendere solo il 3% dei nostri bilanci sanitari per la prevenzione, rispetto all’80% per la cura delle malattie, è semplicemente troppo poco.

È indispensabile» ha dichiarato Vytenis Andriukaitis, Commissario per la Salute e la sicurezza alimentare, «un accesso migliore all’assistenza sanitaria di base, in modo che il pronto soccorso non sia la prima struttura cui si rivolgono i cittadini.

È inoltre indispensabile che la promozione della salute e la prevenzione delle malattie siano al centro di ogni settore d’intervento in modo da migliorare la salute della popolazione e ridurre la pressione sui sistemi sanitari. Queste sono solo alcune delle indicazioni che scaturiscono dalla relazione ‘Lo stato della salute nell’UE’ del 2017. Mettendo a disposizione dati e approfondimenti esaurienti intendiamo sostenere le autorità sanitarie nazionali nel far fronte alle criticità e nell’adottare le scelte giuste in ambito strategico e negli investimenti. Mi auguro che faranno buon uso del nostro lavoro».

“È riconosciuto da molto tempo” evidenzia la Commissione “che l’assenza di analisi inquadrate nei rispettivi contesti ed esaurienti costituisce un problema serio per i decisori politici in campo sanitario. Per rimediare a tale lacuna di informazioni, nel corso di questo mese la Commissione ha portato a termine il primo ciclo biennale sul tema dello stato della salute nell’UE”.

Conclusioni principali

I profili sanitari degli Stati membri sono stati redatti in cooperazione con l’Ocse e l’Osservatorio europeo delle politiche e dei sistemi sanitari. “Dalla relazione di accompagnamento” afferma la Commissione europea “scaturiscono cinque conclusioni trasversali.

-La promozione della salute e la prevenzione delle malattie creano le condizioni per un sistema sanitario più efficace ed efficiente. Va affrontata, oltre allo squilibrio degli investimenti nella prevenzione, la problematica delle disuguaglianze sociali, illustrata dalla diversa frequenza di screening tumorali o attività fisica delle persone in funzione del livello di reddito e di istruzione più e meno elevato.
-Una robusta assistenza sanitaria di base guida in modo efficiente i pazienti nel sistema sanitario e contribuisce ad evitare spese inutili. Il 27% dei pazienti si rivolge a un pronto soccorso per via dell’inadeguatezza dell’assistenza sanitaria di base. Solo 14 paesi dell’UE impongono la prescrizione di un medico di base per accedere a una consulenza specialistica; altri 9 paesi prevedono incentivi finanziari correlati alla prescrizione.
-L’assistenza integrata garantisce che il paziente riceva un’assistenza onnicomprensiva, evitando le situazioni che si verificano adesso in quasi tutti i paesi dell’UE in cui l’assistenza è frammentata e i pazienti devono cercare soluzioni in un labirinto di strutture sanitarie.
-La programmazione e la previsione proattive delle esigenze in materia di forza lavoro nella sanità aumentano la capacità dei sistemi sanitari di adattarsi alle evoluzioni future. Nell’UE i professionisti della sanità sono 18 milioni ed entro il 2025 saranno creati altri 1,8 milioni di posti di lavoro. Le autorità sanitarie devono preparare la forza lavoro ai cambiamenti imminenti: invecchiamento della popolazione e multimorbilità, necessità di politiche di assunzione oculate, competenze nuove e innovazione tecnica.
-I pazienti dovrebbero essere il fulcro della prossima generazione di dati sanitari migliori al servizio delle politiche e delle pratiche. La trasformazione digitale della sanità e dell’assistenza aiuterà a comprendere gli esiti e le esperienze della vita reale che hanno importanza per i pazienti, con un grande potenziale di accrescere l’efficienza dei sistemi sanitari”.
“Dopo la presentazione ai ministri della Sanità di tutti i paesi dell’UE le autorità nazionali” conclude la Commisssione “potranno continuare la discussione di queste relazioni con gli esperti dell’OCSE e dell’Osservatorio europeo delle politiche e dei sistemi sanitari. Gli scambi volontari potranno aver luogo a partire dall’inizio del 2018 e aiuteranno i ministri a comprendere meglio le problematiche principali e a elaborare le opportune risposte strategiche”.

Il profilo della sanità in Italia nel 2017

“In Italia il fabbisogno sanitario insoddisfatto è tra i più alti d’Europa”. È quanto si legge nel profilo di salute dell’Italia. “A seguito della ripresa economica degli ultimi anni, nel 2016 i Livelli Essenziali di Assistenza garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale sono stati rivisti e ampliati, ma vi sono perplessità” afferma la Commissione Europea “in merito alla capacità finanziaria delle regioni di erogare le prestazioni incluse nei nuovi LEA, a cui devono poter accedere tutti i residenti in Italia. La ripartizione dei fondi solleva dubbi circa la capacità delle regioni più povere di finanziare l’accesso a tali servizi senza alzare le imposte regionali (o creare deficit) e il rischio è un aumento dei bisogni sanitari non soddisfatti e delle spese sanitarie a diretto carico dei pazienti”. “Nonostante la copertura completa per le prestazioni sanitarie di base, nel 2015 il 7 % degli italiani ha segnalato bisogni sanitari non soddisfatti per motivi di natura economica, geografica (distanze eccessive) o di attesa. Tale percentuale è superiore alla media europea (inferiore al 4 %) e negli ultimi anni ha riportato un aumento, risultando particolarmente elevata nella fascia di reddito più bassa: oltre il 15,0 %, nel 2015, contro meno dell’1,5 % nella fascia di reddito più elevata. La maggior parte dei bisogni insoddisfatti è imputabile al costo troppo elevato della prestazione, mentre le liste d’attesa e le barriere geografiche sono fattori meno incisivi. Dagli studi a livello nazionale sono emerse profonde differenze nella fruizione del servizio sanitario in base alla condizione socioeconomica, con un ricorso alle visite specialistiche ed alle indagini diagnostiche ambulatoriali nettamente superiore tra le classi più agiate e un maggiore ricorso all’assistenza di base tra le classi meno abbienti (Glorioso e Subramanian, 2014). Le disparità nel ricorso alle visite specialistiche ed alle indagini diagnostiche ambulatoriali sono ampiamente riconducibili a una maggiore alfabetizzazione sanitaria delle classi benestanti (che influisce sui tassi di fruizione dei servizi di prevenzione e degli screening) e agli oneri fissi a carico del paziente quale compartecipazione al costo delle prestazioni (che limitano l’accesso delle persone a basso reddito, soprattutto all’assistenza specialistica al di fuori del ricovero ospedaliero), nonché ai servizi di scarsa qualità e alle lunghe liste d’attesa (soprattutto nelle regioni meridionali), che inducendo i cittadini a rivolgersi all’assistenza sanitaria privata, attivano la correlazione tra possibilità di pagare le prestazioni e condizione socio-economica del paziente”.

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