Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Vivilasanità, Toscano, le Piccole e Medie Imprese del comparto sanità alla dura prova del payback

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Vivilasanità – Intervento di Nicola Roberto Toscano – Avvocato giuslavorista – Con la collaborazione dell’avvocato Andrea Sorriso Chieco

 

Le Piccole e Medie Imprese del comparto sanità alla dura prova del payback, risvolti occupazionali e possibili rimedi

 

Payback: conto alla rovescia anche per i lavoratori

 

di Nicola Roberto Toscano, Avvocato giuslavorista e Cultore di Diritto del Lavoro presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro

AFORP, FIFO e le altre associazioni di categoria,  nel corso degli ultimi mesi hanno provato a interloquire con il Governo al fine di ottenere la cancellazione del payback. Le richieste delle associazioni, però, non hanno prodotto i risultati sperati nonostante i rilevati numerosi errori di contabilizzazione da parte delle Regioni e l’impossibilità di avere contezza dell’ammontare dell’IVA.

In base a quanto previsto dall’art. 8, comma 3, D.L. 30 marzo 2023, n. 34, dal 30 giugno – nonostante la compensazione prevista dalla richiamata normativa – si avranno delle notevoli ripercussioni su di un settore che conta 4.546 aziende e dà lavoro a 112.534 addetti. Settore che a differenza di quello farmaceutico – colpito anch’esso dal payback – è caratterizzato, per la maggior parte, dalle c.d. PMI. Le implicazioni di questa sostanziale differenza sono innumerevoli e si è sottovalutato l’impatto del payback sui lavoratori delle PMI che hanno una capacità di resilienza ben diversa dalle multinazionali.

Il contraccolpo economico e finanziario per la maggior parte degli operatori del settore sarà altissimo e la sorte di oltre 90.000 lavoratori dipenderà dalla loro capacità di tenuta. A seguito dell’entrata in vigore del payback, si prevede un largo ricorso ai c.d. “ammortizzatori sociali”.

Passiamo in rassegna, di seguito, i principali strumenti ai quali le imprese coinvolte potranno – loro malgrado – fare ricorso per affrontare le ricadute occupazionali del payback.

Il primo strumento al quale, presumibilmente, in maniera più immediata si farà ricorso è quello dell’integrazione salariale nella doppia versione della CIGO/CIGS, nonché, del FIS per le imprese non rientranti nel campo di applicazione della CIG.

Alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria può farsi ricorso per crisi aziendali dovute a eventi temporanei non imputabili all’impresa. La normativa di riferimento prevede una necessaria comunicazione alle RSA/RSU cui segue una consultazione sindacale che deve concludersi entro 25 giorni dalla comunicazione di avvio e nei 15 giorni successivi l’impresa deve presentare domanda all’INPS. L’intervento della CIGO ammonta all’80% della retribuzione che sarebbe spettata al dipendente per le ore non lavorate comprese fra le zero ore e il limite dell’orario contrattuale. Di norma è l’azienda che anticipa il trattamento economico salvo la compensazione con i contributi dovuti, in caso di particolare difficoltà si può chiedere all’INPS di erogare direttamente il trattamento in favore del lavoratore.

La CIGO è corrisposta fino a un periodo massimo di 13 settimane, prorogabile trimestralmente fino a un massimo complessivo di 52 settimane.

A fronte di ripercussioni più incisive degli effetti del payback che dovessero comportare una crisi strutturale di maggiore durata, con la necessità di un piano di risanamento o riorganizzazione, lo strumento da attivare è la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria.

Le imprese per poter beneficiare della CIGS devono aver occupato mediamente più di 15 dipendenti nei sei mesi precedenti la data di richiesta di intervento, sono esclusi dal compunto i dirigenti, gli apprendisti e i lavoratori a domicilio, per legge esclusi dal trattamento CIGS.

Requisito necessario alla richiesta dell’integrazione salariale è la comunicazione alle RSA/RSU, nonché alle OO.SS. più rappresentative operanti nella provincia. Entro tre giorni dalla comunicazione, l’imprenditore e le OO.SS. presentano domanda di esame congiunto della situazione aziendale e l’intera procedura deve concludersi entro i 25 giorni successivi alla richiesta (10 per le imprese con meno di 50 dipendenti).

Una delle caratteristiche principali della CIGO e della CIGS è il principio della rotazione, salvo per quelle figure infungibili e indispensabili per la prosecuzione dell’attività. Per la CIGS è, inoltre, essenziale la predisposizione di un piano di risanamento la cui attuazione è supervisionata dalla D.T.L.

La CIGS può avere una durata massima di 12 mesi, anche continuativi e la nuova autorizzazione non può essere concessa prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente autorizzazione. In ogni caso ai sensi dell’art. 4, d. lgs. 148/2015 è previsto il limite massimo di durata, per ciascuna unità produttiva, di 24 mesi in un quinquennio mobile.

Per i datori di lavoro non rientranti nel campo di applicazione della CIG è previsto il Fondo di integrazione salariale, il cui trattamento ha una durata massima di 13 settimane in un biennio mobile per datori di lavoro che occupano mediamente massimo 5 dipendenti e di 26 settimane in caso di più di 5 dipendenti mediamente occupati.

Nella peggiore delle ipotesi, laddove non c’è il riassorbimento della crisi, c’è la riduzione del personale, i cui criteri di scelta sono stabiliti dalla legge o concordati con le OO.SS. Il licenziamento collettivo è disciplinato dall’art. 24 L. 223/91 e si verifica nel caso di imprese che occupano più di 15 dipendenti che intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni.

La procedura prevede una c.d. fase sindacale e una c.d. fase amministrativa. Il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare preventivamente alle OO.SS. l’intenzione di ridurre il personale al fine di trovare un accordo alternativo, laddove non dovesse trovarsi un accordo si passa attraverso la D.T.L

In caso di mancato accordo si potrà procedere comunque al licenziamento anche se con maggiori oneri per il datore di lavoro.

A seguito del licenziamento il sostegno del reddito dei lavoratori è affidato alla Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego.

Requisiti necessari per la fruizione della misura sono lo stato di disoccupazione e la conseguenziale dichiarazione di disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e di partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro, nonché, almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.

La NASpI viene corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive degli ultimi quattro anni, la misura è pari al 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali

e si riduce del 3% ogni mese a decorrere dal primo giorno del sesto mese di fruizione – ottavo mese se il beneficiario ha compiuto 55 anni alla data di presentazione della domanda – ed è sospesa in caso di rioccupazione o nuova occupazione.

Il quadro che si prospetta all’orizzonte dell’entrata in vigore del payback è tutt’altro che confortante e i risvolti sulle imprese e sui lavoratori continuano colpevolmente ad essere ignorati dallo Stato che da garante dei diritti si appresta a ledere i principi di certezza del diritto, di affidabilità del sistema degli appalti pubblici e della libera iniziativa economica.

* Con la collaborazione dell’avvocato Andrea Sorriso Chieco

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