Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

TAR MOLISE Sent. n. 30/20 – Medico di emergenza e medico di controllo – Incompatibilità

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Il Tar Molise ha affermato che “l’incarico nell’Emergenza Territoriale per 38 ore settimanali comporta l’esclusività nel rapporto in virtù di quanto previsto dall’art. 93 dell’Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale; ed ancora, lo svolgimento dell’attività di medico di emergenza a 38 ore settimanali comporta indubitabilmente l’impossibilità di garantire lo svolgimento dell’incarico di medico di controllo nelle fasce di reperibilità previste dalle disposizioni in vigore (art. 6, lett. a) del D.M. 18/4/96), implicando un impegno orario giornaliero (v. art. 34 dell’accordo decentrato regionale all.to), oltre ai necessari turni di reperibilità (art. 97 A.C.N. ed art. 37 A.C.R.”).
FATTO e DIRITTO. Il ricorrente, medico iscritto all’Ordine dei Medici della provincia di C., presentava all’I. di C. domanda di iscrizione nelle liste speciali dei medici di controllo, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1 del DM 15.07.1986, integrato e modificato dal DM 18 aprile 1996 e dal DM 12 ottobre 2000. La domanda, tuttavia, veniva respinta in quanto, a detta dell’Amministrazione, il suo status di medico del 118 comportava l’espletamento di un servizio su turni (mattina, pomeriggio, notte), come tale incompatibile con la necessitò di garantire la piena disponibilità ad eseguire le visite di controllo nelle fasce di reperibilità previste dalle norme in vigore. Il ricorrente contestava il provvedimento dinanzi al Giudice ordinario, rilevando che il proprio status di medico del 118 non poteva essere assimilato a quello dei medici con rapporto di lavoro a tempo indeterminato (art. 6, comma 1, lett. b) D.M. 18/4/96) e che non sussisteva alcuna impossibilità nel garantire la prestazione richiesta (art. 6, lett. a) del D.M. 18/4/96, come modificato dall’art. 5 del D.M. 12/10/00); lamentava, quindi, l’illegittima esclusione dalla graduatoria in parola e chiedeva, a titolo di risarcimento dei danni subiti, la somma di € 50.000,00 o quella diversa da accertare in corso di causa. Con sentenza n. 302/2010 il Tribunale di C. dichiarava il proprio difetto di giurisdizione per essere la controversia devoluta alla cognizione del Giudice amministrativo, anche la Corte di appello di C., nel respingere l’appello proposto dal ricorrente, confermava la sentenza di primo grado e ribadiva la sussistenza, nel caso de quo, della giurisdizione amministrativa.
Con atto successivamente notificato e depositato, il ricorrente riassumeva il giudizio innanzi a questo Tribunale insistendo per l’accoglimento di tutte le censure già proposte e per la condanna dell’INPS al risarcimento dei danni. Si costituiva in giudizio l’I. eccependo l’inammissibilità del ricorso per tardività e l’inammissibilità della domanda risarcitoria per intervenuta decadenza ex art. 30 comma 3 c.p.a; deduceva, nel merito, l’infondatezza delle avverse censure e ne chiedeva il rigetto. All’udienza pubblica del 4 dicembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione. Il ricorso è infondato. A detta di parte ricorrente, infatti, per poter essere inseriti nelle liste speciali dei medici di controllo non occorrerebbe una piena disponibilità ma sarebbe sufficiente che il medico garantisca la propria disponibilità ad eseguire visite di controllo anche in una sola delle fasce di reperibilità; il ricorrente, quindi, nella propria domanda di iscrizione, si era reso disponibile ad eseguire le visite di controllo in tutte e due le fasce di reperibilità antimeridiana e pomeridiana. Il motivo di ricorso non può essere condiviso in quanto la valutazione operata dall’Amministrazione circa la situazione di incompatibilità dell’incarico di medico dell’Emergenza territoriale, già ricoperto dal ricorrente, con il profilo di medico iscritto nella Liste speciali dei medici di controllo deve ritenersi corretta. Ed invero, come opportunamente rilevato dalla difesa dell’Amministrazione resistente, l’incarico nell’Emergenza Territoriale per 38 ore settimanali comporta l’esclusività nel rapporto in virtù di quanto previsto dall’art. 93 dell’Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale; ed ancora, lo svolgimento dell’attività di medico di emergenza a 38 ore settimanali comporta indubitabilmente l’impossibilità di garantire lo svolgimento dell’incarico di medico di controllo nelle fasce di reperibilità previste dalle disposizioni in vigore (art. 6, lett. a) del D.M. 18/4/96), implicando un impegno orario giornaliero (v. art. 34 dell’accordo decentrato regionale all.to), oltre ai necessari turni di reperibilità (v. art. 97 A.C.N. ed art. 37 A.C.R.). Il ricorrente, quindi, non poteva essere in grado di garantire la necessaria e piena disponibilità allo svolgimento dell’incarico per cui è causa, come esattamente rilevato all’unanimità dalla competente Commissione Mista e, quindi, con il parere concorde anche dei componenti rappresentanti dell’Ordine dei Medici e dei Medici di Controllo. Il ricorso è, ad ogni modo, tardivo. Ed invero, il ricorrente stesso afferma di aver proceduto a contestare i risultati della graduatoria deducendo l’illegittimità della propria esclusione dalle liste speciali dei Medici di controllo con raccomandata inviata all’I. in data 11.03.2008: già a quella data, quindi, il ricorrente aveva avuto piena cognizione della determinazione negativa adottata dall’Amministrazione e del suo contenuto lesivo. Il termine decadenziale di 60 giorni, entro cui impugnare la non inclusione nella graduatoria, pertanto, decorreva già dal 11.03.2018, cosicchè l’atto di citazione innanzi al Giudice ordinario, notificato soltanto il 7.05.2009, risultava irrimediabilmente tardivo. Ad analoghe conclusioni si giunge a voler far coincidere la piena conoscenza dell’atto lesivo e del suo contenuto con la visione della nota di riscontro alla istanza di accesso del 15.03.2018 pervenuta al ricorrente in data 23.02.2008. Ed infatti, se anche la domanda è stata proposta dapprima dinanzi al giudice ordinario e la disciplina della cd. translatio iudicii comporta la salvezza degli effetti, sostanziali e processuali, della domanda avanzata innanzi al giudice sfornito di giurisdizione, tale salvezza non può spingersi fino al punto di rimettere nei termini un ricorrente che fosse già incorso in una decadenza (TAR Palermo, sez. II, 7 marzo 2017, n. 656; I, 25 agosto 2017, n. 2106; Tar Lazio, III ter, 7 giugno 2017, n. 6710; TAR Venezia, I, 21 gennaio 2013, n. 80). “Tale norma va interpretata nel senso che la rituale riassunzione del giudizio nel termine di tre mesi decorrenti dal passaggio in giudicato della prima sentenza, benché astrattamente idonea alla conservazione degli effetti sostanziali e processuali dell’originaria domanda, non impedisce al giudice amministrativo di verificare se l’originaria pretesa, azionata per errore dinanzi al giudice ordinario, sia stata proposta entro il termine di decadenza. Ciò in considerazione del disposto dell’art. 59, comma 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69 e dell’art. 11, comma 2, c.p.a., i quali hanno espressamente previsto che, riproposta la domanda al giudice munito di giurisdizione, “restano ferme le preclusioni e le decadenze intervenute” (c.f.r T.a.r. Calabria, sez. I, 8 settembre 2018, n. 1565). In conclusione, per quanto sin qui rilevato, il ricorso è infondato oltre che tardivo. Dalla infondatezza del ricorso deriva il rigetto anche della connessa domanda risarcitoria pure in questa sede proposta.

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