Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Campagne istituzionali di salute pubblica: l’intervista a Oliviero Toscani

1.218

A cura di Sara Boggio (OMCeO Torino)

Foto di apertura di Stefano Beggiato

Prima di tutto le chiederei un commento alle fotografie che ha fatto per l’Istituto Superiore di Sanità, che è uno dei suoi lavori più recenti e che è anche direttamente collegato al mondo sanitario.

Le fotografie dovrebbero commentarsi da sole… cosa vuole che commenti?

Potrebbe presentare le fotografie a chi non ha avuto occasione di vedere il volume…

Ho fatto i ritratti delle persone che ci lavorano. Anziché fotografare le attrezzature, ho realizzato un libro sulle persone: chi c’è, chi sono gli uomini e le donne che lavorano all’Istituto Superiore di Sanità. È un lavoro interamente impostato sul loro sguardo. Sono tutte persone che hanno uno sguardo intelligente.

Com’è nata l’occasione?

Sono stato chiamato dall’Istituto Superiore di Sanità, che mi ha chiesto di realizzare un documento sul lavoro che svolge. Quindi sono andato a vedere, ho proposto di fotogra- fare le persone e così è stato fatto. Ne sono venuti fuori questi ritratti di persone molto preparate, che lavorano intensamente, fanno ricerca… Mi è piaciuto subito anche lo spirito con cui hanno partecipato, sono stati tutti molto disponibili. Insomma, è stato un bel lavoro, mi è piaciuto farlo.

Ora le cito una serie di campagne pubblicitarie che hanno più o meno indirettamente toccato il mondo della salute e della malattia.
La serie Girasole (pubblicità Benetton 1998-99 – vedi immagine): perché aveva ritratto dei bambini disabili?

Normalmente quando si fanno i cataloghi di moda si fotografo i modelli: persone di bell’a- spetto… insomma, l’omologazione. Per questa serie avevo fotografato chi fa volontariato nei centri per disabili. Il rapporto che instaurano con le persone in cura è molto interessante.

A differenza di altre sue fotografie, questa non aveva fatto grande notizia né scandalo.

Ma quale scandalo. Io non faccio nessuno scandalo. Sono solo un testimone del mio tempo.

Altre campagne però lo hanno fatto, soprattutto quelle che affrontano temi delicati come appunto la malattia.

Guardi, gli stupidi ci sono dappertutto. E tutti lo cercano, in realtà, lo scandalo, cercano la provocazione, poi quando c’è si lamentano.

Nel caso di Girasole la rappresentazione della disabilità, che è un tema notoriamente difficile da trattare, è molto serena. Perché secondo lei è passata sotto silenzio?

Io ho usato queste persone come modelli ed erano tutti felici di esserlo. Quando le cose sono fatte così, non interessano a nessuno. La gente vuole lo scandalo. Viviamo in un mondo di frustrati. Non tutti, naturalmente, ma guardi cosa scrivono sui social… c’è da vergognarsi di appartenere alla razza umana.

Altra pubblicità che fa riferimento al mondo della medicina: Pastiglie (pubblicità Benetton 1990 – vedi immagine). È un’immagine attualissima (una bella metafora dell’eccesso di medicalizzazione), non a caso l’artista Damien Hirst ha fatto una ben nota serie sul tema (Pharmacy)…

Hirst è arrivato dopo (dieci anni dopo). E c’è solo una cosa nella vita che è peggio di ar- rivare in ritardo: arrivare in anticipo. Quando uno arriva in anticipo la gente o si arrabbia o non se ne accorge. Chi copia, copia e ne trae i frutti.

Una delle fotografie che più le era stata contestata è quella che ritrae un malato terminale di Aids, a letto, circondato dai familiari (sempre pubblicità Benetton, nel 1992). A questo proposito lei aveva detto: “La pietà di Michelangelo potrebbe rappresentare qualcosa di finto, questo invece è un abbraccio vero”.

Infatti. Anche in questo caso, come vede, lo scandalo lo crea il commento dell’imbecille, e c’è sempre qualcuno che è contento che gli imbecilli ci siano. Ma a me proprio non interessa, il parlar male delle persone… è qualcosa che proprio non mi tocca.

Altra fotografia che ai tempi fece discutere: la pubblicità per Nolita che ritrae una modella anoressica (vedi immagine). Al proposito lei aveva detto: “Se è in passerella va tutto bene, se la metti in un cartellone no. Siamo solo degli ipocriti”.

Logico. È proprio così con l’aggravante che non è cambiato niente. Se sei dimagrita, se uno ti dice ‘come sei bella magra’, è ancora un complimento.

Se venisse diffusa oggi, avrebbe lo stesso effetto?

Continuerebbero a non averne alcuno. Come dicevo, non è risolto il problema.

Forse non piaceva il fatto che fosse una pubblicità (che quel dolore, in ultima battuta, fosse usato per vendere).

Le rispondo così. Torniamo alla Pietà di Michelangelo: anche quella era pubblicità, della chiesa per la chiesa. Io invece ho usato il canale della pubblicità per dire quello che penso.

Quindi per lei non esiste differenza tra arte, pubblicità, comunicazione…

L’arte è comunicazione e anche la pubblicità è comunicazione.

Rappresentazione della ‘follia’. Ha proposto questo tema in una delle sue Masterclass, quella di Volterra, che si è svolta all’interno di un ex ospedale psichiatrico. Che riflessioni ha fatto al proposito?

Ma secondo lei esistono i matti e poi ci sono i normali? Mi spieghi che cosa vuol dire essere normale. Io non lo so. Esiste un grado di follia che forse è più normale di chi è con- siderato normale. Ci sono dei normali che fanno paura. Non so come altro spiegare…

Ha spiegato benissimo, e io non sono in grado di darle una definizione di normalità. Nelle sue Master Class, in ogni caso, c’è anche uno psichiatra: che cosa aggiunge il suo punto di vista?

Per fare le fotografie, essere fotografo, non basta avere una macchina fotografica. Anche una scimmia, se le metti in mano una macchina fotografica, scatta una fotografia. Così come per essere uno scrittore non basta scrivere. Uno scrittore è un autore e al giorno d’oggi bisogna essere autori. Essere veramente fotografo è come fare lo psichiatra: osservi un fenomeno, cogli il problema (non necessariamente inteso in accezione negativa), cogli il dettaglio che definisce la situazione generale, lo metti a fuoco e lo racconti.

Questo è il mestiere del fotografo oggi. Se da una parte il mestiere del fotografo tradizio- nale è morto (non si va più dal fotografo a farsi fare le fotografie: ce le facciamo da soli, i selfies, il piatto che si mangia… si fotografa tutto quello che viviamo, e va bene), dall’altra il fotografo, lo scrittore, l’autore raccontano qualcosa. Hanno qualcosa da dire. Questo tipo di fotografo non è nemmeno chi fotografa la guerra. Quello è un lavoro di documentazione dei fatti, importantissimo, ma di sola documentazione. Esiste invece un altro tipo di foto- grafia, che è un reportage dell’interpretazione individuale, ed è quella che interessa a me.

Tornando alla presenza nelle masterclass di un medico psichiatra…

In sostanza spiega a chi fotografa le scelte psicologiche che precedono lo scatto, perché si presta attenzione a un dettaglio piuttosto che a un altro, perché si orienta l’inquadra- tura a destra piuttosto che a sinistra e così via.

Nella campagna per il Ministero della Salute (“Pane amore e sanità”) ha usato un tono molto più garbato di quello a cui eravamo abituati. È così? E che cosa voleva dire con quella campagna?

Se io fossi malato, se entrassi in barella in ospedale, vorrei essere accolto con quel sorriso lì. Punto. Pensare sempre che si debba essere scioccanti è da provinciali, da chi non ha viaggiato…

Infatti in questo caso ha usato un tono diverso.

Sì certo, più garbato, più normale. Ma guardi che l’immagine di due persone che si baciano è ancora più educata. Vede, noi abbiamo dei problemi di educazione, dei tabu. E comunque non c’è nessun tono diverso, io non la vedo così. Allora anche un tatuaggio “hiv positivo” sul corpo è scioccante [riferimento a pubblicità Benetton degli anni ’90]… Eppure hanno tatuato gli ebrei, a milioni. Non è il tatuaggio che sciocca, è chi lo ha fatto.

Comunque sia, ci si interroga molto su come parlare di salute ai cittadini. Che cosa manca alle campagne istituzionali? Perché secondo lei non arrivano ai destinatari?

Perché mancano di coraggio, perché vogliono accontentare tutti e quando si cerca il consenso di tutti si crea mediocrità: si crea qualcosa che non piacerà a nessuno. Nessuno odierà e nessuno amerà. Cercare di non suscitare critiche porta a essere mediocri, a fare cose che non interesseranno a nessuno. E poi queste campagne partono dall’ammini- strazione, sono giudicate da personaggi politici che non sono proprio dei geni… Quando chi giudica una campagna di comunicazione è il primo a non sapere comunicare, come si fa a trarne qualcosa di buono? Guardi, io non li faccio quei concorsi perché è ridicolo essere giudicati da un Salvini.

Sovrapproduzione di immagini e analfabetismo visivo (l’epoca che in assoluto produce più immagini, la nostra, è la stessa che ci vede meno preparati a leggerle, a processarle): come uscire da questa impasse?

Io lo dico da anni che bisognerebbe insegnare ai bambini a scuola a leggere le immagini, a leggere la televisione, il cinema, la fotografia, ma non si fa. Ci limitiamo a insegnare l’alfabeto. Io l’ho insegnato all’Università, al master sulla comunicazione della Sapienza di Roma, dipartimento di sociologia.

Poi, al di là di questo, non è che ci siano solo troppe immagini. Pensi a quanta musica vie- ne fatta. C’è quella buona e quella che non lo è. Per fortuna adesso ci sono tante imma- gini: adesso si conoscono le cose. La storia la conosciamo da quando esiste la fotografia. Se ci fosse stata la macchina fotografica, forse Garibaldi non avrebbe i monumenti. Ci si preoccupa tanto delle fake news quando la più grande raccolta di fake news è la Bibbia.

 

Il contributo italiano alla ricerca per la salute: l’Istituto Superiore di Sanità in 100 scatti

Oliviero Toscani ‘racconta’ l’Istituto Superiore di Sanità (Iss): “un viaggio nei laboratori, nelle sale, negli uffici di uno dei più grandi istituti di sanità pubblica europei”. Ne è nato il volume Il contributo italiano alla ricerca per la salute, che in oltre 100 scatti ritrae “tutti, indipendentemente dal ruolo, per rappresentare lo spirito di squadra che anima tutte le componenti che partecipano, ognuna con la propria professionalità, al complesso lavoro che svolge l’ente pubblico italiano nell’ambito della ricerca e del controllo in sanità”. Le fotografie, alla presenza di Oliviero Toscani e del presidente dell’Iss Walter Ricciardi, sono state presentate il 5 dicembre 2017 all’Auditorium Parco della Musica di Roma.

Comments are closed.