Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Turni massacranti e sicurezza delle cure in discesa libera: Sos dei medici ospedalieri. Ecco l’indagine Anaao

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Un medico ospedaliero su due supera i limiti di orario previsti dalla legge, dottori ultracinquantenni svolgono fino a 5 turni notturni al mese nelle regioni meridionali (al nord la media si ferma a 3) gestendo da 50 a oltre 200 pazienti, specie nel nord-ovest. Tassi di occupazione dei posti letto elevatissimi e pazienti spesso ricoverati in setting non appropriati, dimissioni affrettate (per 6 medici su dieci) e con scarso coordinamento ospedale-territorio. Sono alcuni dei fenomeni rilevati da una survey di Anaao Assomed su un campione di oltre 1000 camici bianchi, che descrivono «un quadro allarmante, di rischio e di fatica, che il medico vive ogni giorno e ogni notte nell’esercizio della professione». Insomma il nostro sistema sanitario – «sogno italiano» degli americani – rischia di trasformarsi in un incubo. Con un prezzo molto alto, in termini di sottrazione di cure, salute, vite umane.

«Sono numeri che dovrebbero far riflettere chi governa e che ha il compito di intervenire per cambiare verso – commenta il segretario nazionale dell’Anaao Assomed Costantino Troise – a una sanità pubblica avviata, anche attraverso il peggioramento delle condizioni di lavoro dei suoi medici, lungo un piano inclinato che la porterà a curare i poveri destinando gli abbienti le magnifiche sorti del sistema privato ed assicurativo».

Costantino Troise

Tutte conseguenze di anni di definanziamento della sanità, blocco del turn-over, taglio dei posti letto. «E quello che più preoccupa – spiega Anaao – è toccare con mano il livello di in-sicurezza che deriva dai provvedimenti scellerati: dall’indagine è infatti emersa prepotente la scarsa considerazione delle strutture aziendali per la gestione del rischio clinico. Avere in affidamento oltre 100 pazienti per turno di guardia, con punte superiori ai 200, non può che diminuire la sicurezza delle cure,aumentando il rischio sia per il medico che per il paziente, mettendo a repentaglio anche la qualità dell’assistenza».

Il risk management sembra in effetti servire a poco: per il 45% dei responder l’attività di gestione del rischio clinico è inutile e comporta solo un aumento di burocrazia. Il 31% la considera poco utile e limitata esclusivamente ad alcuni ambiti mentre addirittura il 15% degli intervistati non è a conoscenza di protocolli in essere nella propria struttura ospedaliera. Solo il 10% dei responder la ritiene utile. «I medici potrebbero forse meglio cogliere l’importanza dell’Unità di Risk Management – si legge nello studio – se la sua attività fosse meno macchinosa e se si incominciasse dalle aule Universitarie a parlare di gestione del rischio clinico».

Sotto la lente l’aumento di mortalità 2015
Sullo sfondo c’è l’interrogativo più inquietante, quello sull’aumento di mortalità registrato in Italia nel 2015: 54 mila decessi in più rispetto al 2014, con un tasso di mortalità del 10,7‰ (il più alto dal secondo dopoguerra). Trend che forse solo in parte sono spiegati dall’incremento nella popolazione degli individui anziani. «I dati sulla mortalità intraospedaliera sono in fase di analisi – si legge nello studio Anaao – tuttavia la domanda che ci compete è se il nostro Welfare con adeguate politiche socio-sanitarie avrebbe potuto evitare almeno in parte questo eccesso di mortalità».

Sotto la lente l’aumento di mortalità 2015
Alla domanda se l’aumento di mortalità denunciato dall’Istat nei mesi scorsi sia percepito da chi opera in ambito ospedaliero, il 49% ha risposto negativamente, il 37% non ha saputo rispondere e solo il 14% si è espresso in maniera affermativa. Analizzando nel dettaglio la risposta affermativa, si nota che i medici che hanno avuto maggiormente questa percezione operano nei presidi di medie-piccole dimensioni e che essa è prevalente nei medici sottoposti ad uno sfavorevole rapporto numerico medico/pazienti e ad un maggior carico di lavoro.

Il miraggio dell’orario di lavoro Ue
Le conseguenze della spending in sanità si vedono anche sul tempo di lavoro dei medici, che va ben oltre quello contrattuale a dispetto della direttiva europea (il 44% dei medici svolge più di 48 ore di lavoro settimanale). «Ciò dimostra – spiega Anaao – come la legge 161/2014 sia stata adottata senza che prima si mettessero in opera quei necessari processi di riorganizzazione sia del personale, prevedendo soprattutto nuove assunzioni, che del sistema di rete ospedaliera».
Il miraggio dell’orario di lavoro Ue

Il prezzo dei tagli al?Fsn
Lo scenario su cui si muove l’assistenza sanitaria è sempre più terremotato e lo studio Anaao elenca tutte le scosse degli ultimi anni: dotazione Fsn in caduta libera (Cittadinanzattiva stima in 54 miliardi di euro il definanziamento tra il 2011 e 2015); tagli ai posti letto (- 25.000, dal 2009 al 2014); blocco del turn-over del personale (-24.000 addetti dal 2009 al 2014, considerando sia medici che infermieri); ridotti investimenti in ammodernamento delle strutture e delle tecnologie. Effetti della spending review che il sindacato mette sotto la lente scandagliando tutte le ricadute sull’organizzazione quotidiana degli ospedali. Ricadute gravissime.

Il prezzo dei tagli al?Fsn
Posti letto ridotti all’osso e dimissioni affrettate
I tassi di occupazione sono elevatissimi (nel 92% delle risposte) e l’appoggio del paziente in setting non appropriati è oramai un dato strutturale ( rilevato nel 73% delle risposte). «La contrazione dei posti letto ne ha conseguentemente incrementato il tasso di occupazione – spiega Anaao – e comportato una riduzione della durata della degenza ospedaliera. Tutto ciò ha determinato un incremento del numero di re-ricoveri. Uno studio recente ha evidenziato come quasi un paziente anziano su 5 oltre i 65 anni torna al Pronto Soccorso dopo le dimissioni: il 17,3% rientra in ospedale una sola volta, il 4,4% più volte nel mese successivo».
Posti letto ridotti all’osso e dimissioni affrettate

Le dimissioni dei pazienti sono spesso affrettate (59% delle risposte) e con scarso coordinamento ospedale/territorio, testimoniato in maniera emblematica, dal non aver ricevuto notizie dopo averlo dimesso, dell’avvenuta morte di un paziente terminale da parte della famiglia e/o del medico di medicina di generale. Il 45.38% non ha ricevuto mai alcuna informazione, il 39% raramente e solo il 15,61% ha risposto affermativamente. Filtrando i dati per specialità, si osserva come solo nei reparti oncologici si evidenzi un elevato feedback (70%) da parte dei familiari e/o dell’assistenza territoriale, rispetto per esempio ai reparti di Geriatria (19% circa) e di Medicina Interna (12%), nonostante anche qui vi siano frequentemente dimissioni di malati terminali.

Farmaci e devices in ritardo
La disponibilità di farmaci e devices diventa problematica: il 45% afferma di avere il dispositivo entro le 24 ore, il 27.5% entro una settimana e solo il 22% in meno di 12 ore. La situazione peggiora se si osservano le Regioni del Centro dove la percentuale degli ordini evasi entro la settimana è dichiarata da quasi il 40% dei responder. «Il ritardo nella fornitura dei farmaci/devices – spiega il sindacato – è indice di inefficienza organizzativa e di elevato rischio di compromissione della qualità dell’assistenza, per il conseguente ritardo nelle cure al paziente».
Farmaci e devices in ritardo

Derive organizzative che non hanno molti margini di miglioramento se si considerano gli orizzonti segnati dal Def, che prospetta l’arrivo nel 2019 a quella soglia del 6,5% tra spesa sanitaria e Pil che rappresenta «uno spartiacque tra i paesi socialmente avanzati e quelli in decadenza».

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