Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Si rivolge di più alla sanità privata chi vive nelle regioni dove quella pubblica funziona meglio

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(La Repubblica) – La ricerca di Sda Bocconi: al nord e al centro spese più alte per le famiglie, anche per quelle dei dipendenti Intesa San Paolo che hanno gli stessi stipendi e il rimborso del fondo integrativo.

 

SI RIVOLGE DI PIU’ alla sanità privata chi vive nelle regioni dove quella pubblica funziona meglio. Non è vero che i sistemi assistenziali più scarsi spingono di più verso le cliniche, gli ambulatori e gli istituti dei liberi professionisti in camice bianco. Una famiglia Lombarda per farmaci, visite, ricoveri e altre attività nel privato spende in media 752, una calabrese 363 e una campana 303. I dati sono di Sda Bocconi, che oggi ha presentato il suo rapporto Ocps a Roma.

Si potrebbe contestare che al Nord e al Centro i redditi sono più alti rispetto al Sud e quindi in meridione si spende meno anche in sanità. Non funzionerebbe così, come dimostra sempre il lavoro di Bocconi. Per il primo anno ha incrociato i suoi dati con quelli di Intesa San Paolo, che ha messo a disposizione i numeri dei 200mila dipendenti che hanno il fondo sanitario integrativo aziendale e anche uno stipendio identico. Ebbene, pure tra loro a situazione economica familiare identica chi abita al sud spende meno nella sanità privata. Come mai? “Tutto è legato all’offerta pubblica – spiega Mario Del Vecchio, il docente della Bocconi che ha coordinato il lavoro – Se questa è buona anche il privato lo è, perché in questi luoghi c’è la stessa cultura sanitaria”.

Tra l’altro nei privati spesso lavorano medici dipendenti del pubblico oppure pensionati. Le cliniche e gli ambulatori che si confrontano con un sistema sanitario di buon livello tenderanno ad avere standard più alti. “Poi – prosegue Del Vecchio – c’è il punto legato all’offerta. Dove questa è più alta, come quantità e qualità, aumenta anche la domanda. E così abbiamo visto, sempre grazie a Intesa San Paolo, che nei capoluoghi di regione, quindi a parità teorica di assistenza, si spende comunque di più. L’alta concentrazione di strutture sanitarie nelle grandi città genera domanda”. E infatti, a Napoli gli assistiti del fondo di Intesa spendono 653 euro, nel resto della Campania, 471. A Milano la cifra è di 1.033, nel resto della Lombarda 694. Il record si raggiunge a Roma, dove la sanità privata spadroneggia. Le famiglie della capitale spendono in media 1.066, contro i 726 nel resto del Lazio. Il quadro che emerge, è scritto nella presentazione del lavoro “è complesso e l’idea che sia la scarsa qualità dei servizi sanitari regionali ad aumentare la spesa delle famiglie per beni e servizi per la salute è ampiamente superata”.

Il rapporto sottolinea come la spesa sanitaria privata delle famiglie negli ultimi due anni (2015 e 2016) è rimasta stabile, intorno ai 37 milioni di euro. Bocconi la scompone, dimostrando come il grosso degli esborsi riguardano farmaci e prodotti medicali (18 miliardi) e servizi ambulatoriali (16,2 miliardi). Il resto sono servizi ospedalieri. La prima voce è composta dalla spesa per i medicinali (fascia A a carico dei pazienti, C, da banco e con ticket) che valgono 8,4 miliardi. Seguono quelli che vengono definiti “altri medicinali” e non sono altro che prodotti omeopatici, erboristici e integratori.

 

Come osservato ormai da tempo questa ultima voce è una di quelle maggiormente in crescita nel nostro Paese. Per cioè che riguarda i servizi ambulatoriali, in testa ci sono i dentisti, con 8,7 miliardi di spesa all’anno. Le altre visite specialistiche si fermano a 4,4 miliardi.

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