Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Pazienti “fragili”, allarme servizi: per 7 su 10 va migliorato. Ma il 60% si ritiene ascoltato dagli operatori

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(Panorama sanità) – Convegno PreSa-Prevenzione e Salute 2019 presentata l’indagine conoscitiva “I Bisogni dei pazienti cronici”, condotta dal Ceis-Eehta (Economic Evaluation and Hta) della Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata in collaborazione con Aism, Aigd e altre associazioni di pazienti. Cresce la fiducia e la considerazione nella classe medica e negli operatori sociosanitari, ma c’è preoccupazione per i ritardi nella diagnosi e nella presa in carico.
«Cresce la fiducia e la considerazione nella classe medica e negli operatori sociosanitari.

 

Ma c’è preoccupazione per i ritardi nella diagnosi e nella presa in carico: per 7 pazienti su 10 il sistema va migliorato.

 

Le diagnosi tardive compromettono la qualità di vita del paziente e fanno lievitare i costi sociali ed economici della patologia. Un esempio?

 

La partecipazione al mondo del lavoro passa dall’80% nelle fasi iniziali di una malattia come la sclerosi multipla fino a meno del 10% negli stadi più avanzati di disabilità».

 

Spiega Francesco Saverio Mennini Ceis-Eehta (Economic Evaluation and Hta) che ha condotto l’indagine conoscitiva “I Bisogni dei pazienti cronici”.

 

«In italia abbiamo le percentuali più alte a livello europeo di coloro che sopravvivono ad una diagnosi di tumore. Il nostro Paese ha un processo di diagnosi, cura e trattamento, forse non omogeneo a livello regionale che dobbiamo migliorare, ma ad ogni modo riesce a garantire salute».

Dichiara Pierpaolo Sileri, Vice Ministro della Salute presente all’evento.

 

Nello specifico il 65% degli intervistati ritiene che la propria patologia sia conosciuta e considerata da parte degli operatori sociosanitari con cui si è confrontato.

 

Più del 60% degli intervistati reputa congruo, e valuta positivamente, il tempo che lo specialista di riferimento per la sua patologia dedica al confronto durante le visite.

 

Ancora, circa il 60% ritiene di essere stato informato correttamente rispetto alla sua patologia, ai trattamenti ed al decorso.

 

Dall’altra parte, quale contraltare, emerge con fermezza il problema dell’accesso e della presa in carico precoce, accompagnati da una considerazione negativa in merito alla programmazione degli esami.

 

Nello specifico la presa in carico, da parte del Servizio sanitario, viene considerata negativamente da circa il 70% degli intervistati, così come il coinvolgimento del paziente per quanto attiene la programmazione degli esami (oltre il 60%). «Oggi abbiamo riportato al centro del dibattito i bisogni del paziente fragile, con malattie croniche invalidanti.

È necessario riaccendere i riflettori sui nodi dell’accesso ai servizi, sulla diagnosi e presa in carico precoce, ma anche sulle tutele assistenziali che vanno in parte ripensate e integrate con servizi mirati e personalizzati per venire incontro alle specifiche esigenze della persona con disabilità, ma anche delle famiglie e dei caregiver.

 

Occorre fornire risposte alle tre milioni e centomila persone con disabilità, pari al 5,2% della popolazione italiana. Gli anziani sono i più colpiti: quasi un milione e mezzo degli ultra settantacinquenni sono in condizione di disabilità, dei quali 990 mila sono donne. In un momento di grande fermento per la sostenibilità dell’intero Servizio sanitario nazionale, a un passo dall’approvazione del nuovo Patto per la Salute, della legge di Bilancio per il 2020 e in vista di tante nuove sfide sanitarie e assistenziali che non possono più aspettare, è fondamentale ascoltare le richieste dei pazienti e chiedere risposte alla politica, alle istituzioni, alla classe medica e agli stakeholder di settore», dichiara Marco Trabucco Aurilio, coordinatore scientifico del network editoriale PreSa-Prevenzione e Salute.

 

L’indagine conoscitiva “I Bisogni dei pazienti cronici”, condotta dal Ceis-Eehta (Economic Evaluation and Hta) della Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata
Quando si parla di condizione dei pazienti e dei familiari siamo sicuri che il Servizio sanitario nazionale sia in grado di intercettare le reali esigenze, i reali bisogni?

 

Quale impatto, in termini sociali ed economici, può creare un ritardo della diagnosi e, in misura maggiore, un ritardo nell’accesso alle cure?

Per capire meglio il fenomeno è stata portata avanti l’indagine conoscitiva “I Bisogni dei pazienti cronici”, condotta dal Ceis-Eehta (Economic Evaluation and Hta) della Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata in collaborazione con AISM, AIGD e altre associazioni di pazienti.

 

L’indagine ha coinvolto oltre 1.130 partecipanti in diverse regioni (Lazio, Lombardia, Campania, Liguria, Emilia Romagna, Umbria, Puglia, Basilicata e Sicilia). I principali risultati che emergono da questa indagine possono definirsi contrastanti.

 

Per Mennini: «questi risultati sottolineano una volta di più la necessità di introdurre meccanismi organizzativi e gestionali tendenti a migliore la tempestività nella diagnosi (continuare a incentivare i programmi di screening, rafforzare la collaborazione tra MMG e specialista ecc.) accompagnati da una seria implementazione di programmi e meccanismi tendenti a incentivare l’accesso precoce alle cure e ai trattamenti efficaci (applicazione dell’Health Technology Assessment, condivisione di PDTA condivisi a livello nazionale, integrazione ospedale-territorio)».

 

Secondo il professore: «Diagnosi precoce e accesso precoce sono garanzia sia di miglioramento dello stato di salute dei pazienti che di riduzione dei costi a carico del sistema sanitario e del sistema di welfare nel suo complesso (costi diretti e costi indiretti).

 

Basti pensare che un paziente diabetico senza comorbilità costa circa 350 euro all’anno contro i quasi mila di un diabetico con quattro comorbilità. Considerando che circa l’80% dei costi è dovuto alle ospedalizzazioni e facilmente deducibile come un accesso precoce ai trattamenti efficaci e a un monitoraggio più frequente ridurrebbe fortemente le ospedalizzazioni e, conseguentemente, i costi.

 

La Sclerosi Multipla è un altro esempio paradigmatico.

 

Infatti, i pazienti con un grado di disabilità lieve hanno una qualità della vita modestamente ridotta o simile rispetto alla popolazione in buono stato di salute, mentre per i pazienti con livelli di disabilità molto elevata (punteggio EDSS ≥ 8) la Qualità della Vita può essere addirittura negativa, ad indicare uno stato di salute peggiore della morte».

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