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Ocse: “Entro il 2050 il 53% della popolazione avrà più di 65 anni”. In Italia addirittura il 74%.

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(Quotidianosanità) – Le generazioni più giovani dovranno affrontare maggiori rischi di disuguaglianza in età avanzata rispetto ai pensionati attuali e alle generazioni nate negli anni ’60. La loro esperienza di vecchiaia cambierà drasticamente. Inoltre, con un calo delle famiglie, una maggiore disuguaglianza rispetto alla vita lavorativa e riforme che hanno ridotto i redditi pensionistici, alcuni gruppi si troveranno ad affrontare un alto rischio di povertà, secondo un nuovo rapporto OCSE.

“Prevenire l’invecchiamento in modo uniforme”, un volume appena edito dall’Ocse, spiega che nel 1980, in media nell’Ocse c’era il 20% di persone di 65 anni e più, mentre nel 2015 si è passati al 28% ed entro il 2050 si raggiungerà il 53 per cento.

E per l’Italia va peggio: nel 2050, ci saranno 74 persone al di sopra dei 65 anni per 100 persone di età compresa tra 20 e 64 anni (rispetto al 38% di oggi), rendendo l’Italia il terzo più vecchio Paese OCSE dopo il Giappone (78%) e la Spagna (76%). Le economie emergenti stanno invecchiando molto più velocemente. Allo stesso tempo, le disuguaglianze sono aumentate da una generazione all’altra e le persone iniziano la loro vita lavorativa a un’età molto più alta di quella degli anziani di oggi.

La situazione italiana
L’Italia è già uno dei più “vecchi” paesi OCSE – che dedica schede di approfondimaneto ai singoli paesi – ma diventerà anche più anziano con l’accelerazione dell’invecchiamento della popolazione. Nel 2050, ci saranno 74 persone al di sopra dei 65 anni per 100 persone di età compresa tra 20 e 64 anni (rispetto al 38% di oggi), rendendo l’Italia il terzo più vecchio Paese OCSE dopo il Giappone (78%) e la Spagna (76%).

La promozione della partecipazione dei lavoratori anziani ha dunque la massima importanza. La generazione attuale di lavoratori anziani già partecipa con un tasso più elevato di quelli precedenti. Tuttavia, non è chiaro se questa tendenza proseguirà in futuro. I giovani negli ultimi tre decenni hanno difficoltà sempre maggiori ha trovare spazi nel mercato del lavoro. Il tasso di occupazione dai 55 ai 64 anni è aumentato di più tra il 2000 e il 2016 (23%) rispetto agli individui più giovani (1%), i cui tassi di occupazione sono diminuiti notevolmente (-11%).

Inoltre, a partire dalla metà degli anni ’80, il gruppo degli over 64 è cresciuto del 25% in più rispetto a quello del gruppo di età 30-34. Il divario di crescita dei redditi tra le generazioni era del 13%, in media nei paesi OCSE. I tassi di povertà relativi sono aumentati per i gruppi di età più giovani, mentre sono caduti bruscamente tra le persone anziane.

Diverse riforme pensionistiche in passato hanno rafforzato il legame tra i guadagni e le pensioni. Quindi, aumenta la disuguaglianza salariale nel corso della vita lavorativa. In media se la disuguaglianza tra guadagni e pensioni di vecchiaia è di circa due terzi nei paesi Ocse, in Italia è vicina al 100%. Questo si spiega in parte con la mancanza di una forte rete di sicurezza sociale in Italia.

La disuguaglianza tra gli italiani nati negli anni ’80 è già più alta rispetto a quello sperimentato dai genitori e dai nonni quando avevano la stessa età. Maggiore disuguaglianza tra la gioventù di oggi probabilmente porta a una maggiore disuguaglianza tra i pensionati futuri, dato il forte legame tra i guadagni e le pensioni.

Nonostante il recente miglioramento dell’occupazione tra i lavoratori più anziani, il divario tra i lavoratori con livelli di istruzione basso e alto è del 40% per gli uomini e più del 50% per le donne, tra i più alti dell’OCSE. Garantire una pensione decente sarà particolarmente difficile ai livelli di istruzione più bassi, che hanno meno probabilità di lavorare nelle età avanzate e per le donne più grandi che spesso escono dal mercato del lavoro per curare i propri parenti. Le donne più giovani, tuttavia, tendono ad avere lunghe carriere e quindi pensione più elevata con miglioramenti delle loro prospettive di vecchiaia.

I tassi di occupazione per le donne più anziane sono invece ancora significativamente inferiori agli uomini (più del 20% di differenza). Il divario può essere parzialmente spiegato dalla loro maggiore responsabilità di cura ai parenti che hanno bisogno. La percentuale di persone di età superiore ai 50 anni che svolgono questa attività varia notevolmente da paese a paese – dal 5% in Svezia al 13% in Italia e nella Repubblica Ceca – ovunque, e in Italia in particolare, la maggioranza di i caregiver sono donne, contribuendo al processo di invecchiamento ineguale rispetto agli uomini.

Un risparmio sostanziale di spesa pubblica potrebbe avvenire se reddito, ricchezza, istruzione e disuguaglianze sanitarie fossero state evidenziate in precedenza e affrontate in età più giovane. Quindi, un approccio globale per l’Italia dovrebbe iniziare fornendo una buona qualità nella crescita e nell’educazione dei bambini nei gruppi socioeconomici svantaggiati.

Questo avrà il vantaggio di dare alle donne la possibilità di partecipare alla mercato del lavoro. Allo stesso tempo, devono essere adottate misure politiche per promuovere un buon inizio della vita lavorativa assicurando la transizione dalla scuola al lavoro, limitando l’impatto della perdita di posti di lavoro e combattendo la disoccupazione a lungo termine e fornendo accesso alle opportunità di apprendimento degli adulti, che contribuirà a garantire una maggiore occupabilità durante la vita lavorativa e più elevati redditi da pensione.

Inoltre, l’impiego degli anziani nel lavoro in particolare potrebbe essere ulteriormente migliorato. I lavoratori italiani più vecchi sono molto più sani che in altri paesi e le differenze nello stato di salute e nell’aspettativa di vita grazie all’istruzione sono relativamente minori. I lavoratori più anziani in generale e quelli con una bassa istruzione in particolare, hanno ancora potenzialità per estendere la loro vita lavorativa in modo da garantire un reddito adeguato durante il pensionamento. Tuttavia, i posti di lavoro dovrebbero essere disponibili per un’offerta supplementare.

 

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