Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Nel Ddl Lorenzin va dato spazio non solo alla medicina di genere ma anche al riequilibrio di genere nella rappresentanza della professione

Beatrice Lorenzin - Ministro per la Salute
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Beatrice Lorenzin - Ministro per la Salute
Beatrice Lorenzin – Ministro per la Salute

Come si può non associarsi alla generale soddisfazione espressa per l’approvazione del Ddl Lorenzin «Norme varie in materia sanitaria» da parte della Commissione Igiene e Sanità del Senato? Anche perché, nelle bozze pervenute, spicca il termine medicina di genere. In particolare nei primi due articoli del Ddl si parla sia di specifico riferimento alla medicina di genere, sia di approccio metodologico di medicina di genere, sia di un’adeguata rappresentatività di genere sia di specifiche esigenze della medicina di genere.

Entro dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge è prevista una legge delega per l’attuazione della sperimentazione, avendo già ben introdotto come concetto fondante la medicina di genere. In linea con gli orientamenti del ministero della Salute che, con il Quaderno n. 26 pubblicato pochi giorni fa e titolato “Il genere come determinante di salute”, ha inteso sottolineare come lo sviluppo della medicina di genere possa garantire equità e appropriatezza della cura.
Nel Ddl l’articolo 3 affronta il riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie. Il tema riguarda, secondo il sottosegretario De Filippo, oltre un milione di professionisti, che occupandosi di un bene/diritto salute, costituzionalmente garantito, necessitano di specifiche garanzie per il mantenimento della qualità professionale.

Si sarebbero potuto inserire nella norma legislativa dell’articolo 3 una dicitura per affermare, da un punto di vista generale, la garanzia dell’equilibrio di genere nella rappresentanza, concetto ormai ben presente nella legislazione e nella cultura?
Vorrei ricordare che il Decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato Dlgs CPS 233/46 che ricostituì gli Ordini delle professioni sanitarie, fu approvato dall’Assemblea Costituente nel 46, un anno prima dell’approvazione/promulgazione della Costituzione italiana del dicembre 1947.
È necessario quindi che venga subito disciplinato il principio dell’equilibrio della rappresentanza, in sintonia con il lungo percorso fatto dal 46 ad oggi, percorso che ha portato al riconoscimento/garanzia della parità di genere ad ogni livello legislativo, ordinario, costituzionale e comunitario.

Successivamente sarà necessario vigilare sui regolamenti attuativi.
Faccio appello a Valeria Fedeli e alla presidente della commissione Sanità del Senato Emilia Grazia De Biasi perché in Aula a Palazzo Madama siano apportate le necessarie integrazioni.
L’argomento della equilibrata rappresentanza di genere è stato uno dei temi fondanti delle donne medico e dell’Osservatorio. Sul portale della Fnomceo è presente una storica intervista, a Torino alla fine del 2011, a Roberta Chersevani allora Coordinatrice dell’Osservatorio: «C’è una evidente discrepanza tra le poche donne elette negli ordini e le iscritte sempre più numerose. C’è realismo nel nostro chiedere, come un bene per tutta la categoria e la società, che già da questa tornata elettorale venga rispecchiata nell’organo di autogoverno dei medici la reale composizione degli iscritti».

Nel 2013, quando si ricominciò a lavorare per la riforma degli Ordini, vennero inoltrate ai vertici della Fnomceo tutte le Disposizioni per il riequilibrio delle rappresentanze di genere allora esistenti. Si chiedeva di tener conto dei cambiamenti avvenuti e della particolare attenzione, sia a livello nazionale sia a livello regionale/locale, al tema della parità tra uomini e donne nei luoghi della rappresentanza politica. Ci fu detto che questa riforma era attesa da tanto, che non era opportuno inserire possibili ostacoli ed eccessive variabili. Ci fu detto che ci sarebbe stato tempo per occuparci di equilibrio di genere nella rappresentanza in fase di approvazione di regolamenti.

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