Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Coronavirus, l’esperta Chironna: «Prudenza ora, o la sanità sarà al collasso»

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«Vacciniamoci contro l’influenza».

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(Gazzetta del Mezzogiorno – Flavio Campanella) – Due sono peggio di una. Se a un’epidemia pericolosa (sebbene conosciuta) se ne somma una ancor più subdola e peraltro da comprendere (per ora se ne ha una cognizione soltanto parziale), l’aggravamento in divenire del contesto complessivo è nei fatti. Se poi si aggiunge che l’influenza stagionale provoca circa 8mila decessi all’anno e che la Covid-19, contro cui non si ha un vaccino, è responsabile della morte di oltre 36mila persone dall’inizio del 2020, prevedere un bilancio pesantissimo nei mesi autunnali e invernali sarà pure un esercizio audace, ma francamente non peregrino e sicuramente di interesse generale. A chi accusa la stampa di fare terrorismo mediatico è sempre il caso di rispondere con i numeri. Chi poi punta l’indice per gli effetti deleteri della pandemia (vedi restrizioni e lockdown) sul tessuto economico, sociale e politico del Paese farebbe bene a leggere le parole degli esperti, alla ricerca perenne di equilibrio, ma tutti concordi rispetto al seguente incontrovertibile assioma: il Sars-CoV-2 è vivo, vegeto e mette in grave crisi il sistema (non solo sanitario) con ripercussioni potenzialmente disastrose.
Lo studio e la pratica (e la capacità) hanno voluto che Maria Chironna fosse non soltanto, come ormai tutti sanno, a Bari e non solo, la responsabile del laboratorio di Epidemiologia molecolare e di Sanità pubblica dell’Unità di Igiene del Policlinico, ma anche (con il freddo torna ogni anno alla memoria, perlomeno dei giornalisti) la referente regionale della sorveglianza virologica dell’influenza.

Professoressa, dell’influenza si sa già. La Covid, invece, è per molti versi ancora da scoprire. Quali sono le caratteristiche in comune? E perché la concomitanza è così temuta?
«Si tratta, in entrambe le malattie, di “virus” che penetrano nell’ospite attraverso le stesse vie e colpiscono primariamente l’apparato respiratorio. Poi ci sono delle differenze tra influenza e Covid19, ma non è facile differenziare. E servono esami diagnostici e di laboratorio più specifici. Inoltre, l’unico modo per distinguerle è eseguire i test molecolari sia per influenza sia per Covid19. L’influenza la conosciamo, certo, ma ancora la sottovalutiamo a leggere i dati insufficienti delle coperture vaccinali degli ultimi anni. Invece, può essere particolarmente pericolosa nei soggetti a rischio (anziani, immunodepressi, soggetti con patologie croniche di base eccetera) e può portare in ospedale, in rianimazione e persino a morte. E queste sono caratteristiche che la accomunano a Covid-19. Si trasmette, inoltre, allo stesso modo, ma Sars-CoV-2 è più contagioso. È probabile la stessa stagionalità, ma le due malattie provocano quadri clinici solo apparentemente simili. A più approfondite analisi, i meccanismi patogenetici sono diversi. Distinguere però sul piano dei sintomi l’influenza da Covid-19 è estremamente complicato. Perciò far circolare due virus, quello influenzale e il nuovo coronavirus, nella popolazione è molto pericoloso. I “danni” dell’influenza stagionale sommati a quelli del Covid19 potrebbero mettere a serio rischio la tenuta del servizio sanitario, il funzionamento degli ospedali e di tutti i setting assistenziali. Si può rischiare il default. Senza contare che i sanitari sarebbero impegnati a fronteggiare due epidemie e non si potrebbero assicurare cure adeguate, per i ritardi, a soggetti con altre patologie. Insomma, un disastro. Inoltre, se le due malattie colpissero in sequenza o in concomitanza le persone si potrebbero correre maggiori rischi di complicanze e di finire in ospedale per forme più severe. L’altra differenza sta nel fatto che una malattia è prevenibile da vaccino e ci sono degli antivirali che, se somministrati precocemente, possono cambiare l’evoluzione della malattia. Per Covid-19 non abbiamo vaccini, ma solo qualche farmaco che può migliorare l’esito dei casi più gravi».

Nella scorsa stagione l’influenza è stata meno aggressiva del solito. Perché? Potrebbe tornare con prepotenza?
«Ogni anno l’epidemia di influenza può avere un andamento diverso. Ciò dipende da tanti fattori: dai virus circolanti e dalla velocità di mutazione, dal loro “match” con i ceppi vaccinali così come anche da fattori climatici. Le due stagioni influenzali precedenti non sono state affatto una passeggiata. Senza dimenticare che l’influenza comporta notevoli costi diretti e indiretti (ad esempio, giornate lavorative perse). Con la stagione autunno-inverno ci si aspetta che i due virus abbiano vita più facile perché si sta più frequentemente al chiuso, si frequentano luoghi per definizione più affollati come scuole, cinema e altri ritrovi. Tutto ciò favorisce il contatto stretto tra persone e quindi il contagio».

Come si può rassicurare chi la contrarrà nei prossimi mesi stante la diffusione del Coronavirus?
«La rassicurazione non è un messaggio corretto da dare alla popolazione, affatto. L’influenza va temuta e prevenuta con le misure di prevenzione specifiche e con l’igiene respiratoria. Una maggiore sicurezza potrebbe derivare solo dalla vaccinazione che permetterebbe di evitare la malattia, ma soprattutto le forme più gravi che portano in ospedale.

Qual è il quadro (epidemiologico e clinico) che stavolta la medicina ospedaliera e territoriale si troverà a fronteggiare?
«Purtroppo il territorio, i medici di famiglia, i pediatri avranno un gran lavoro da fare, non facile. Manca spesso l’anello di congiunzione con una diagnostica rapida che consenta loro di gestire meglio e in sicurezza le persone con sintomi simil-influenzali e potrebbero trovarsi di fronte a un gran numero di richieste. Il risultato potrebbe essere che molti cittadini non avrebbero una adeguata assistenza. Ma cambiare questo scenario dipende anche dai nostri comportamenti e dalla consapevolezza che siamo in una fase difficile. Inoltre, i pronto soccorso, gli ospedali e alcuni reparti potrebbero in breve tempo saturare la loro capacità assistenziale. Scenario che dobbiamo assolutamente evitare».

Si è parlato di un lockdown natalizio? C’è davvero il rischio?
«Se i numeri dell’epidemia di Covid19 dovessero andare fuori controllo (e ci siamo già vicini) lockdown parziali o totali potrebbero non essere affatto esclusi. Ancora una volta dovremmo con tutti i mezzi possibili “schiacciare la curva” e diluire i casi nel tempo per evitare proprio il congestionamento di ospedali e terapie intensive».

Quali dovranno essere i comportamenti dei cittadini fino alla prossima primavera?
«I comportamenti devono essere commisurati alla gravità della situazione attuale. Pertanto, serve responsabilità e rigore nell’applicare tutte quelle misure che conosciamo (mascherine, distanziamento, igiene delle mani). Non è possibile, ancora oggi, vedere persone con mascherine sotto al mento o che non coprono il naso oppure persone che mettono le mascherine ma poi si toccano, si danno le mani senza poi neanche lavarle o igienizzarle. Forse servirebbe, anche sul piano della comunicazione istituzionale, educare a un corretto uso delle mascherine e al lavaggio delle mani. Inoltre, potrebbero essere utili app sui nostri cellulari che ci segnalino in continuazione quando veniamo in contatto troppo stretto con altre persone. Il virus può averlo chiunque in questo momento».

Ritiene davvero che in estate comincerà la fase risolutiva della pandemia?
«Fare previsioni è difficile. Dovremo analizzare i dati di settimana in settimana e solo dopo trarre delle conclusioni. È probabile che, se il virus è caratterizzato, come sul modello di altri virus respiratori, da una stagionalità, potremmo tirare un sospiro di sollievo in estate. Ma non è detto. Basti vedere in Europa e altrove cosa è successo nella scorsa estate. Certo è che di questo nuovo Coronavirus non ci libereremo molto presto».

Capitolo finale: il vaccino. Cosa è cambiato con l’annuncio recente di una casa farmaceutica, pronta a chiede il via libera a metà novembre?
«Serve onestà su questo punto. Le sperimentazioni sono in corso e dobbiamo aspettare i risultati. Dobbiamo avere un vaccino che sia prima di tutto sicuro ed efficace. E per questo serve tempo, il tempo necessario. Non dobbiamo cedere a facili illusioni. Poi, auspicando che arrivino risposte positive dagli studi in corso, bisognerà pensare ad aspetti come la logistica, ma soprattutto a come garantire una produzione su larga scala. È questo il punto cruciale. Non facile da risolvere. Stesso discorso vale anche per gli anticorpi monoclonali, che sembrano molto promettenti, e per gli antivirali. Una volta verificata l’efficacia resta il nodo centrale della disponibilità per tutti e della produzione. Sono le sfide del prossimo futuro».

 

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