Vaccini, cresce la copertura ma resta il puzzle regionale anche sulla raccolta dati
Il principale tallone d’Achille è la frammentazione dei sistemi informativi, che impedisce alle anagrafi regionali di decollare e anche di implementare, in prospettiva, quell’Anagrafe nazionale vaccinale che dovrebbe essere la colonna portante della rivoluzione “obbligo flessibile” annunciata dalla ministra della Salute Giulia Grillo. Il monitoraggio dei dati acquisiti in tempo reale, capillarmente e per coorti d’età, inclusa la farmacovigilanza e i rischi epidemici, dovrebbe con l’Anagrafe unica consentire di superare l’obbligo imposto dalla legge Lorenzin nel luglio 2017 e di reintrodurlo solo in casi di stretta necessità.
Ma i tempi non sono ancora maturi, nemmeno per l’iter legislativo. «Togliere l’obbligo – ha affermato il presidente della Commissione Igiene e sanità del Senato, Pierpaolo Sileri – non è sensato in questo momento perché c’è un disegno di legge che non è stato completato.
Stiamo provando ad accelerare. Vorremmo arrivare a non avere l’obbligo, ma per farlo – ha aggiunto – bisogna seguire un iter parlamentare che prevede di ascoltare tutti gli interlocutori e arrivare ad un disegno di legge il migliore possibile». Secondo Sileri si dovrebbe «tendere alla non obbligatorietà con uno strumento fondamentale e duraturo anche per il futuro, come l’anagrafe vaccinale: sarà – ha rilevato – lo strumento più forte e più potente per dare le risposte che sono mancate negli ultimi anni.
A forza di avere informazioni scorrette le persone hanno paura, noi vogliamo agire su quella paura con uno strumento modulabile nel tempo, che consenta di dare delle risposte». Sileri in definitiva è intervenuto a testimoniare che ancora di strada da fare ne resta molta. Ma il ministero si dice al lavoro, tanto che il Dg della Prevenzione Claudio D’Amario annuncia che già con la primavera si avvierà la sperimentazione dell’anagrafe nazionale unica nazionale, per tutto il 2019.
«Sarà un strumento di gestione del problema – ha precisato il Dg – permetterà all’inizio la registrazione dei nuovi vaccinati, e poi di tutti gli altri. Con dati di tutte le altre istituzioni e di tutti gli altri registri che hanno preceduto l’istituzione del modello unico».
L’occasione per fare chiarezza è arrivata dal primo Rapporto dell’Osservatorio strategie vaccinali, coordinato dal past president della Società italiana di medicina preventiva e sanità pubblica (Siti), Michele Conversano, e dal presidente Crea-Sanità, Federico Spandonaro.
Non mancano le luci, come le procedure centralizzate di acquisto presenti in oltre l’80% dei casi, in cui sono le Regioni a scegliere il tipo di prodotto da utilizzare, e le commissioni regionali attive nella quasi totalità delle situazioni. E soprattutto si fotografa un’offerta a cui il Pnpv 2017-2019 sembra aver impresso una decisa accelerata, anche se, rileva Spandonaro, «in ogni Regione convivono scelte e organizzazioni diverse, sia per le fasce d’età considerate, pediatrica e adulta, sia per quanto riguarda il coinvolgimento di Mmg, di pediatri o di docenti universitari e rappresentanti delle società scientifiche».
Lo stato dell’arte delle anagrafi vaccinali. Se per le vaccinazioni pediatriche tutti i servizi sono dotati di un’anagrafe informatizzata, solo in poco più della metà dei casi questa copre l’intera Regione, fermandosi al territorio di competenza della singola Asl. Non solo: nel 34% dei casi manca un’anagrafe informatizzata per le fasce d’età adulto/anziano.
E solo nel 14% dei casi i medici di medicina generale vi hanno accesso. Il report, messo a punto intervistando con doppio questionario (uno per l’età pediatrica e l’altro per l’adulto) tutti i direttori dei circa ottanta dipartimenti di prevenzione presenti in Italia, dà la sua ricetta: «Creare sistemi informativi bidirezionali, che possano garantire una comunicazione diretta tra servizi vaccinali e medici di assistenza primaria e uniformare tutti i software in uso ai requisit minimi previsti dal Piano nazionale vaccini».
Migliora l’offerta gratuita. Tutte le Regioni dichiarano di aver adeguato il proprio calendario per l’età pediatrica, mentre il 95,5% degli intervistati dichiara di aver avviato tutte le campagne di vaccinazione raccomandate. “Virtuose” sono il Friuli Venezia Giulia, le Marche, la Puglia e la Sicilia: hanno ampliato l’offerta ad altre vaccinazioni (encefalite da zecca, epatite A) per specifiche esigenze locali.
Di più: nel 30% dei casi è stata estesa la popolazione target attraverso l’identificazione di categorie a rischio e di coorti aggiuntive. «Ma resta il gap legato al fatto che secondo il 16% delle segnalazioni la gratuità delle vaccinazioni ha una durata limitata nel tempo – afferma Conversano -: questo vale ad esempio per l’Hpv, che se non ci si vaccina a 12 anni diventa a pagamento, o per la polmonite pneumococcica in caso di anziani. L’indicazione al vaccino rimane comunque valida e a nostro avviso dovrebbe permanere la gratuità».
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