Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

Maria Chironna a Vivilasanità, potenziare le capacità diagnostiche per identificare tutti i possibili contagiati

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Vivilasanità – A colloquio con Prof.ssa Maria Chironna – Professore Associato di Igiene Università di Bari – Responsabile del Laboratorio di Epidemiologia  Molecolare e Sanità Pubblica – UOC Igiene Policlinico di Bari – Laboratorio di riferimento regionale COVID-19

 

Forse è finito solo il primo round

 

 

Potenziare le capacità diagnostiche per identificare tutti i possibili contagiati

 

 

Il suo laboratorio ha processato centinaia di tamponi al giorno e negli ultimi giorni i tamponi danno esiti quasi sempre negativi. Ritiene che l’epidemia da COVID-19 sia alle nostre spalle?

 

“L’epidemia di COVID-19 sia in Italia che nella nostra regione sembra essere attualmente sotto controllo con un numero di casi estremamente ridotto. Tutto ciò è stato possibile grazie all’applicazione di strategie di contenimento e di prevenzione del contagio estremamente drastiche fino al cosiddetto “lockdown”, appena concluso, e che ha messo a dura prova tutta la popolazione. Una misura estrema per una malattia altamente impattante dal punto di vista sanitario con terapie intensive al collasso in alcune fasi e interi ospedali riconvertiti in breve tempo per la cura dei pazienti COVID-19. Parliamo di una malattia che si trasmette attraverso droplets (goccioline) e contatti ravvicinati tra persone. Pertanto, accertamento dei casi sospetti mediante esecuzione del tampone nasofaringeo per la ricerca del virus, isolamento degli stessi e quarantena di tutti i contatti stretti sono le misure di prevenzione che funzionano per contenere le epidemie con caratteristiche simili a quelle di COVID-19. Una pandemia di tale entità e vastità non era prevedibile, e ha colto impreparati anche i paesi più “avanzati”. Inoltre, il virus non ha colpito tutti allo stesso modo. A pagarne le conseguenze sono stati soprattutto i soggetti fragili, come gli anziani, e i soggetti con patologie di base. Motivo per cui sono stati soprattutto i paesi con una popolazione più anziana ad essere fortemente colpiti. Il fatto che ora ci siano pochi casi, tutti ben identificati e isolati, non vuol dire che abbiamo vinto la battaglia contro il virus. Forse è finito solo il primo round. Con questo nuovo coronavirus dovremo imparare a convivere. E impedire che possa provocare ancora un’ondata epidemica importante facendo tesoro della fase appena trascorsa e mettendo in campo tutte le armi che abbiamo affinato in attesa di un vaccino e/o di terapie efficaci”.

 

Lei ha coordinato le attività di laboratorio facendo affidamento su poche risorse umane e strumentali e fronteggiando una situazione in piena emergenza. Cosa servirà di più per il prossimo futuro, per meglio affrontare le nuove sfide, a cominciare dal prossimo autunno?

 

“Non farci trovare impreparati, ancora una volta. Risulterà importante, innanzitutto, potenziare le capacità diagnostiche per identificare tutti i possibili contagiati (testing) e dopo accurata attività di tracciamento (tracing) sottoporre a tampone tutti i contatti dei casi per “scovare” anche gli asintomatici che abbiamo visto possono svolgere un ruolo importante nella dinamica di diffusione del virus nella popolazione e che rappresentano il “tallone d’Achille” del COVID-19. Servirà, come si sta facendo, ampliare anche i reparti di terapia intensiva per garantire le migliori cure, potenziare i Dipartimenti di Prevenzione ma anche strutturare una efficace rete di continuità assistenziale sul territorio. Quindi, in questa fase di relativo controllo dell’epidemia (continuando ad effettuare tamponi e affiancando la diagnostica a tecniche sierologiche per il completamento dell’algoritmo diagnostico e per studi epidemiologici), bisognerà fare enormi investimenti in personale sanitario e in tecnologie. Senza dimenticare l’urgenza di tale potenziamento. Perché non basta solo aumentare le dotazioni organiche. Serve anche avere il tempo di fare una adeguata formazione del personale. Ne va della qualità dell’assistenza. Fare tamponi, ad esempio, come tutti chiedono giustamente, non equivale a produrre “bulloni”. Si tratta di un’attività di elevata complessità che richiede personale altamente qualificato. Per anni tagli e programmazioni inadeguate in campo sanitario hanno portato a sottovalutazioni di eventi come quelli che abbiamo vissuto che hanno fatto quasi collassare il SSN in alcune regioni con ripercussioni che vedremo anche negli anni a venire, ma anche ad un forte impatto negativo sul sistema economico e sul tessuto sociale. Saranno necessari forti investimenti nel campo della ricerca e nell’Università. Tutti sappiamo che nella fase cruciale dell’epidemia tutto il nostro paese ha sofferto per il fatto che non potevano essere garantiti i necessari approvvigionamenti di mascherine, tamponi, piattaforme e reagenti per l’esecuzione dei test diagnostici, perché piattaforme e reagenti sono prodotti in altri paesi. Bisognerà riflettere e incentivare investimenti che ci possano rendere autonomi anche da questo punto di vista. Know how ed eccellenze non mancano. Infine, ma non per ultimo, questo Paese dovrà pensare ad alleggerire la “burocrazia” pur garantendo trasparenza, rigore ed efficienza. Credo sia anche questo un tema cruciale”.

Le ritiene che il virus si sia indebolito? Cosa prevede per la prossima stagione estiva?

 

“C’è un interessante confronto in campo scientifico sulle caratteristiche del virus e sul fatto che alcune mutazioni, già segnalate, possano aver in qualche modo mitigato la virulenza del SARS-CoV-2. I virus, per loro natura, evolvono e accumulano mutazioni. Però la ricerca scientifica procede per step ed evidenze che devono consolidarsi. Ad ora non ci sono evidenze robuste di cambiamenti che facciano pensare ad un “indebolimento” del virus. Sappiamo che alcuni virus che hanno fatto il salto di specie tendono ad accumulare mutazioni per meglio adattarsi all’ospite senza “ucciderlo” al fine di propagarsi meglio. Vedremo se accadrà lo stesso per il SARS-CoV-2. La stagione estiva non sappiamo con certezza cosa riserverà. E’ probabile che, sul modello di altri virus a circolazione stagionale, in estate rimarrà “acquattato” in attesa di condizioni migliori per propagarsi. Ci sono moltissimi fattori, ambientali e sociali, che favoriscono la diffusione dei virus. Durante l’estate, inoltre, si sta molto di più all’aperto e meno al chiuso e questo potrebbe essere un ostacolo alla sua circolazione. O almeno speriamo che si comporti così. Dovremo aspettare le prossime settimane e la stagione autunno-invernale per vedere come andrà”.

 

Secondo lei quando si riuscirà a superare definitivamente l’emergenza coronavirus?

 

“Non si possono fare previsioni sulla fine dell’emergenza. Sarebbe azzardato. Più che altro dovremo essere preparati ad affrontare una eventuale nuova ondata epidemica in attesa di vaccini e cure efficaci. Ma i tempi non sono brevi. Nell’attesa, dovremo essere capaci di passare da uno stato emergenziale, in cui le attività sono state convulse e a volte scoordinate, ad una situazione di capacità di controllo più sistematico della diffusione del virus e soprattutto di adeguata pianificazione”.

 

Lei continua a lavorare per tantissime ore al giorno e ha donato un pezzo della sua vita alla comunità pugliese. Si sente un eroe?

 

“Per carità, non è una parola che mi piace. Non ci sono eroi. Ci sono solo persone che hanno fatto il loro dovere con abnegazione e anche lavorando in condizioni estreme senza avere cognizione del tempo. Settimane e mesi che sono sembrati infiniti. E parlo di molte persone. Medici, infermieri, biologi, tecnici di laboratorio,  operatori del 118 e di tutto il personale impegnato sul territorio per il controllo dell’epidemia. E’ stato un lavoro di squadra e nessuno si è sottratto. Parlo di personale che ha operato su tutto il territorio pugliese, dalla Daunia fino all’estremo Salento. Ricordo che in poco tempo è stata ampliata la rete dei laboratori in grado di fare diagnosi di COVID-19 e che ha permesso di fronteggiare l’emergenza. A tutte queste persone deve essere tributato il ringraziamento della popolazione. A quelli che hanno operato senza la luce dei riflettori e in condizioni di stress estremo. Hanno parlato poco e lavorato molto. Anche perché, spesso, non avevano neanche il tempo di dormire a sufficienza. Questa emergenza ha segnato nel profondo tutti e, in particolare, gli operatori sanitari in prima linea. Anche loro potrebbero non uscire indenni dall’esperienza che hanno vissuto. Ci vorrà del tempo. Serve sempre tempo per superare i momenti difficili”.

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