Associazione Fornitori Ospedalieri Regione Puglia

ASL BARI, ECCO LA DIFESA DI COLASANTO

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DOMENICO COLASANTO – DIRETTORE GENERALE ASL BA

In data odierna la Gazzetta del Mezzogiorno,con articolo firmato da Massimiliano Scagliarini, ha pubblicato le controdeduzioni del Direttore Generale Colasanto ai rilievi mossi dagli ispettori ministeriali.

BARI. Le risposte ai 62 rilievi dell’ispezione ministeriale sono affidate a 22 relazioni dei rispettivi dirigenti. Ma è la premessa «politica», firmata dal direttore generale Domenico Colasanto, quella più importante: negli ultimi 3 anni nella Asl di Bari, dice il manager alla Regione, sono stati già raggiunti risultati importanti, nonostante la difficoltà di governare un pachiderma nato dalla fusione di 4 aziende pre-esistenti nell’ottica di una continua emergenza. E questo anche perché, una volta completata la creazione della Asl unica (diventata la terza d’Italia) e applicato il piano di rientro con le sue restrizioni, i tagli e le ottimizzazioni non sono state portate fino in fondo.

 E punto più delicato dei rilievi ministeriali, quello che a fine luglio ha causato un vespaio di polemiche, sono i 24 milioni di euro che la Asl ha speso per pagare le prestazioni aggiuntive dei medici. Un meccanismo che di solito si utilizza per abbattere le liste d’attesa, ma che per il ministero non è servito a nulla. Colasanto (il cui incarico scadrà a novembre e non potrà essere rinnovato) definisce «ingeneroso» il giudizio dell’ispettore ministeriale, che ha liquidato le prestazioni aggiuntive come un modo in cui il medico «si garantisce ulteriore stipendio»: sono, piuttosto, «un cottimo» per colmare i deficit di per- sonale. «Sono consapevole – scrive Colasanto – che chiedere ad un dirigente medico che ha già sopportato un turno di lavoro di 6-8 ore in sala operatoria di sobbarcarsi altre 4-5 ore di attività aggiuntiva, sia pure a pagamento, è preoccupante.

Ma il ricorso alle attività aggiuntive, che abbiamo programmato per obiettivi e verificato nei risultati, è stato uno strumento per ovviare alla carenza di personale». Esempio: se la chirurgia toracica («Un fiore all’occhiello di questa Asl») chiede di aumentare le ore di utilizzo della sala operatoria per incrementare gli interventi di chirirur-gia neoplastica polmonare, «l’unica risposta che posso dare è quella di chiedere agli anestesisti e agli infermieri di sala operatoria di accettare la proposta di attività aggiuntiva, in alternativa lasciare pazienti in attesa». Colasanto ricorda poi («Non sono tanto presuntuoso da affermare che tutto quello di cui l’azienda ha bisogno per potersi definitivamente consolidare … sia stato fatto») gli obiettivi raggiunti nella sua gestione. Interventi sull’appropriatezza dei ricoveri («Ernie e fistole non occupano più i primi posti»), dipartimentalizzazione della rete ospedaliera (con cui si evita tra l’altro che i casi più complessi vengano trasferiti alle cliniche private), l’introduzione delle politiche di budgeting.

Ma anche l’armonizzazione dei sistemi informatici, l’abbattimento dei debiti pregressi per 100 milioni, gare d’appalto ban- dite per 3,5 miliardi. E nodo dolente, però, resta la gestione del personale. Un punto su cui -questo Colasanto lo lascia solo intendere – è la politica a non aver avuto il coraggio di assumere le scelte. Il riferimento è alle 151 «strutture che erogano prestazioni assistenziali»: «Troppe», perché le condizioni finanziarie «non consentono di mantenere in efficienza ed in sicurezza tutte le strutture che attualmente erogano prestazioni assistenziali sia ospedaliere che territoriali». Ma ciascuna di quelle strutture almeno sulla carta equivale a un primario, un primario significa potere politico… «Se nell’area Nord della Asl (Terlizzi, Co-rato, Molfetta, ndr) non avessimo tre Unità operative di Medicina o di Cardiologia o di Radiologia, o di Anestesia e così via, e avessimo solo una struttura, sufficiente a servire un bacino di utenza di 150 mila abitanti, avremmo la possibilità di prevedere strutture complesse per tutte le Unità operative attive, sia di base che di specialità intermedia».

Ed il cerchio si chiude: «Se il sistema avesse la possibilità di “lavorare” con una minore parcellizzazione di strutture e, quindi, con sufficienti dotazioni, consentite dai vincoli finanziari, non avrebbe più necessità di ricorrere alle attività aggiuntive, se non per situazioni eccezionali e temporanee, come da contratto».

 

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