Emiliano va alla guerra della sanità: «Non rispetteremo i tetti di spesa per i ricoveri di chi arriva da fuori»
La svolta della Regione. Il governatore in sintonia con l’assessore Piemontese. «Al Nord si disinteressano di limiti e sanzioni»
(Francesco Strippoli – Corriere del Mezzogiorno) – La Puglia è pronta a dare battaglia sui tetti che le impediscono di curare un numero superiore di pazienti provenienti da altre Regioni. Sarà una battaglia politica ma potrebbe anche tramutarsi in un’aperta violazione della disposizione che regola la materia. Stiamo parlando dei concetti di «mobilità attiva» (pazienti che arrivano) e «mobilità passiva» (chi si muove verso altre Regioni). La questione non è nuova, ma è inedita la decisione della Regione di aprire un contenzioso per ottenere quello che desidera. Ne ha parlato nei giorni scorsi l’assessore Raffaele Piemontese nel corso di un incontro tecnico dedicato alla rete ospedaliera. Il presidente Michele Emiliano è in sintonia.
Il tetto
La vicenda ruota attorno al vincolo apposto dal decreto legge 95 del 2012. Il quale stabilisce i criteri con cui assegnare, ogni anno, a ciascuna Regione, un tetto per la mobilità attiva e passiva. In teoria ogni governatore sa quanto può incassare o spendere, da o verso un’altra delle 20 tra Regioni e province autonome in fatto di cure sanitarie. Questo tetto, predeterminato, vale per Asl e ospedali pubblici ma pure per le aziende private che operano in convenzione (dove ci si cura a spese del servizio sanitario, non certo il privato-privato che fa quello che vuole). Mentre per le aziende pubbliche (le Asl) il controllo è elastico, per le aziende private in convenzione (incaricate però di attività pubblica) il controllo ministeriale è occhiuto.
Almeno per la Puglia (spiegheremo perché). Così a pazienti che vogliano venire in Puglia ad operarsi in una clinica privata convenzionata, può capitare di vedersi opporre un rifiuto. Non si può, si risponde, perché la clinica ha raggiunto il tetto di spesa stabilito.
Regole ignorate al Nord
Nulla di male se la disposizione fosse applicata in maniera omogenea in Italia. Ma non è così. Per dire: il tetto non viene rispettato in Lombardia, Emilia Romagna e Lazio, dove si concentra il grosso dei ricoveri dei pugliesi che vanno fuori Regione a curarsi. E, appunto, quasi il 70% di quei ricoveri vengono eseguiti in cliniche private convenzionate. Sicché quel che alla Puglia viene negato ad altri è concesso. Perché? Perché le Regioni citate si disinteressano delle possibili sanzioni (in fatto di mancati trasferimenti da Roma). E perché la Puglia, sottoposta da molto tempo al Piano di rientro, è invece scrupolosa e ligia nel rispettare i vincoli (anche il Lazio è in Piano di rientro: ma non si fa intimidire, diciamo così). L’esito è intuibile. La Puglia manda fuori molti più pazienti di quelli che potrebbe attirare. E il delta è negativo per varie centinaia di milioni l’anno. Il paradosso viene indicato anche dal fatto che la medesima azienda, con il medesimo know how, che ha cliniche convenzionate in Puglia e, poniamo, in Emilia Romagna, subisce il tetto in terra pugliese e non al Nord. Con l’effetto che finisce per attirare in Emilia (costi a carico delle Regioni meridionali) pazienti che potrebbero essere curati magari in Puglia, con beneficio per le casse pugliesi. Mentre la violazione del tetto al Nord finisce per favorire le casse emiliano romagnole o lombarde o laziali.
La svolta
«Il tetto alla mobilità attiva verso la Puglia lo toglieremo anche noi» ha detto Piemontese ai tecnici del dipartimento Salute guidato da Vito Montanaro. Il quale aveva già segnalato la questione ai vertici politici ed ora ha ricevuto l’incarico di studiare la fattibilità della decisione. Emiliano è in perfetta sintonia con Piemontese. Venerdì, all’assemblea di Confindustria Bari-Bat, lo ha fatto capire: «C’è un’anomalia che riguarda la sanità pubblica di proprietà privata: se un pugliese va in Lombardia, non c’è un tetto di spesa e dobbiamo pagare a piè di lista. Questo sistema deve cambiare».
Emiliano ne aveva parlato quando i cronisti gli hanno chiesto valutazioni sull’Autonomia differenziata. Un modo per sottolineare che già oggi, prima dell’applicazione dell’Autonomia, esistono sperequazioni insopportabili. E introdurne delle altre sarebbe pernicioso per l’equilibrio complessivo. La battaglia diventa politica. Emiliano e Piemontese dovranno portarla al tavolo delle Regioni dove si discute del riparto del Fondo sanitario. Ne sentiremo parlare.
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